lunedì 5 novembre 2012

Recensione: "Nel nome dello zio" di Stefano Piedimonte




TitoloNel nome dello zio
Autore: Stefano Piedimonte
Data di uscita: 6 settembre 2012
Editore: Guanda (Narratori della Fenice)
Pagine: 249
Prezzo: cartaceo 16 €, e-book 11.99 €

Lo Zio è un boss della camorra, lucido, spietato, con un grande talento imprenditoriale. Un leader e un affarista nato, due doti decisive nei Quartieri Spagnoli. Ha però una fatale debolezza: il Grande Fratello. Non si perde una puntata del GF neanche quando è costretto a vivere in latitanza, braccato dall'agente di polizia Woody Alien, così soprannominato per la bruttezza intellettualoide, che potrebbe incastrarlo grazie a un misterioso informatore. Allora i guaglioni dello Zio - i cinque «mostri» Alberto 'o Malamente, Germano Spic e Span, Sandruccio la Zitella, Pasquale Bruciulì e Biagio 'o Femminiello - arruolano un «bravo ragazzo» per mandargli un messaggio dalla Casa: il pusher Anthony, ventenne incensurato, ma in compenso lampadato e depilato. Dopo un estenuante addestramento, Anthony riesce a superare il provino ed entra nel cast. E sarà proprio lui a dare il colpo di scena.

Il mio commento

Geniale. Se qualcuno mi chiedesse qual è l'aggettivo più adatto per descrivere questo romanzo, risponderei, senza il benché minimo dubbio: geniale.
L'ho pensato fin da subito, quando ho saputo della sua uscita e ne ho letto la trama. Ho capito immediatamente che avrei dovuto leggerlo, ché proprio non potevo lasciarmelo scappare.
Be', c'avevo visto giusto, perché quest'aggettivo ha continuato a ronzarmi nella mente anche dopo, durante la lettura, e dopo ancora, nei giorni che mi son preso per rifletterci su.

Geniale è stata la decisione dell'autore di affrontare il tema delicato della camorra in chiave ironica, satirica, grottesca.

Geniale è l'accostamento dell'ambiente mafioso a quello - apparentemente così distante - gieffino. Pensandoci su, hanno entrambi lo stesso comune obiettivo: l'eliminazione della concorrenza, dei personaggi scomodi. E dei 'traditori', che nel primo caso sono gli infedeli che decidono di tradire il boss e, più in generale, il clan, mentre nel secondo sono quelli che deludono, i contaballe che - a loro modo - tradiscono la fiducia del pubblico a casa.

Geniale è la caratterizzazione dei personaggi, da quelli principali a quelli che rimangono più indietro, sullo sfondo, ognuno con i propri vizi, le proprie folli passioni, le proprie manie.
Personaggi ridicoli ma anche comici, come il 'frizzantino' Anthony, fissato per i neomelodici e la cura del corpo, che va istruito affinché possa inviare, dalla casa del Grande Fratello, un messaggio al boss latitante per avvertirlo del tradimento subito, o come Peppino 'o Fetente, sudato grassone in canottiera e dai modi bruschi, che deve educare il giovane lampadato in modo tale da superare i provini per il GF.
Personaggi enigmatici, come i cinque 'mostri', che basta leggere i loro nomi (Alberto 'o Malamente, Germano Spic e Span, Sandruccio la Zitella, Pasquale Bruciulì e Biagio 'o Femminiello) per inquadrarli.
E personaggi assurdi, e un po' incomprensibili, ma allo stesso tempo veritieri. (D'altronde, non lo è la mafia stessa, assurda e incomprensibile?! Eppure c'è, esiste, è radicata nelle radici più profonde della nostra società.) Basti pensare alla madre di Anthony (ha un figlio spacciatore, e non se ne vergogna affatto, anzi, però al solo pensiero di vederlo tra i concorrenti del Grande Fratello si sente male... no, un figlio gieffino mai, ma scherziamo?!, sarebbe un'infamia) oppure allo Zio del titolo (il capo, una sorta di Dio che tutto può, tutto controlla, tutto decide, che prende scene, situazioni, eliminazioni, tattiche dalla vita gieffina e le traspone alla sua vita reale, sparando raffiche di parabole tratte dagli insegnamenti ricevuti dalla visione del suo programma tv preferito).
Insomma, personaggi grotteschi. Perché è anche grazie alla ridicolizzazione che si toglie un po' di potere a chi il potere se lo prende ai danni degli altri.

Stefano Piedimonte
Piedimonte è napoletano, e si sente. Non tanto per le inflessioni dialettali che farciscono il testo qua e là, non tanto per la denuncia sociale nei confronti di una realtà che vive (e scrive, fa il giornalista di cronaca nera), ma soprattutto per come descrive la sua Napoli. Durante la lettura mi sembrava di viverci, in quei Quartieri Spagnoli. Mi sembrava di vederli, quegli spacciatori che scappano alla vista dei carabinieri. C'è l'amore per la propria città, ma anche la sofferenza di doverne vedere certi aspetti, certi angoli, certe brutture.

Mi sono dilungato troppo, forse, ma voglio aggiungere un'ultima cosa. Nel nome dello zio è un romanzo che diverte e fa ridere, certo, ma in modo intelligente, perché fa anche riflettere. È uno di quei casi in cui pure se ridi, sai che stai ridendo velato di un po' di tristezza, con l'amarezza nel cuore. Il finale, inaspettato, conferma proprio questo.

Mi raccomando, leggetelo. È geniale!

6 commenti:

  1. :') bellissima recensione!
    Lo inizio presto tesoro :**
    <3

    RispondiElimina
  2. Anche io non appena ho iniziato a sentire parlare di questo libro ho sentito che "dovevo" leggerlo.
    L'ho fatto ed è veramente, veramente, GENIALE! (al punto che mi piacerebbe davvero chiedere all'autore come ha fatto a venirgli in mente una storia del genere)

    Condivido in tutto la tua recensione! :)

    RispondiElimina
  3. Ah, non vedevo l'ora di leggere il tuo pensiero su questo libro e posso dire che hai reso benissimo l'idea. Una recensione accurata a sentita, davvero splendida. Hai reso molto meglio l'idea di me, io sono un'incapace a parlare delle emozioni....

    Questo libro sarebbe da far leggere a chiunque :)

    RispondiElimina
  4. Secondo me geniale (o meglio generosa) è stata anche madre natura col tale Stefano... 'mplimenti! :D

    e - dopo questa breve divagazione, ehm - 'mplimenti anche a te, bravo! :) e sì, ho capito, devo da legge 'sto libro geniale! :*

    RispondiElimina
  5. Avevo visto questo libro tra gli scaffali ma c'era qualcosa che mi frenava - non so, forse il timore che lo humour di cui parla la trama fosse in realtà inefficace nel descrivere una realtà "pesante" come la criminalità organizzata. Ma poi ho letto le recensioni di persone di cui, qui su internet, mi fido... e la tua è stata il colpo di grazia. Basta, me lo segno e lo leggerò! :)

    RispondiElimina
  6. Grazie per il consiglio Matteo, generalmente io non amo i libri che trattano argomenti chiamiamoli "pesanti" perché per me la lettura è un momento di evasione, di relax... però se l'argomento viene trattato nel giusto modo e se tu lo definisci "geniale" non posso che appuntarmi il titolo e procurarmelo presto!
    Ottima recensione, molto esaustiva :)

    RispondiElimina